Unire la passione per la cucina con quella per la ricerca e la ricostruzione storica del tardo Quattrocento è stato per me un percorso del tutto naturale nella mia "carriera" di ricostruttore, vista la mia propensione a stare dietro ai fornelli.

Molti di voi guardano alle armature o alle armi con lo stesso interesse e trasporto con cui io penso a come abbinare le ricette in un evento di due o più giorni. Con la stessa attenzione che si presta alla curvatura di una gronda di una celata, io evito di usare ingredienti non filologici, seguendo i ricettari e i dettami del più famoso cuoco dell'epoca, Mastro Martino da Como.

Non mi dilungherò troppo su questa figura, considerata uno dei padri della gastronomia italiana. Mastro Martino fu il primo a redigere un libro di ricette in volgare, rendendo così l'argomento accessibile sia ai colleghi che ai signori dell'epoca.

Le ricette raccolte nel "Libro de arte coquinaria" segnano un profondo cambiamento rispetto alla cucina medievale precedente: Mastro Martino pone gli ingredienti al centro delle preparazioni, privilegiando alimenti freschi e di stagione, cotture specifiche per ciascuno di essi e un minor uso delle spezie forti tipiche del Medioevo. Le sue istruzioni sono dettagliate e di facile comprensione.

Con un simile strumento a disposizione, il ricostruttore storico non può fallire. Certo, un po' di esperienza in cucina è necessaria, così come una sensibilità del palato e una grande dose di organizzazione e valutazione dei rischi.

Non ho mai trovato entusiasmante l'idea di scrivere articoli sulle ricette quattrocentesche preparate in casa; considero questa pratica poco "autentica".

Mi spiego meglio: cucinare durante una ricostruzione storica, in un accampamento (magari avendo a disposizione una struttura con un camino!), alla mercé delle intemperie e degli insetti, con utensili filologici e il fumo che impregna il corpo dopo una giornata passata sopra il fuoco, rende tutto estremamente impegnativo e stimolante allo stesso tempo. Farlo a casa, invece, fa perdere tutta la componente emozionale di questa esperienza storica.

Sperimentare la cucina medievale: crostata di pollastri

Ma passiamo alla ricetta…

Tra i temi trattati con maggiore enfasi da Mastro Martino ci sono i pastelli e le torte, sia dolci che salate. Tuttavia, definire una ricetta quattrocentesca come dolce o salata è già di per sé un fraintendimento, poiché quasi tutte le preparazioni includono elementi sia sapidi che dolci. Sarà poi il gusto del cuoco o del padrone a determinare il sapore finale del piatto.

Per l'ultima edizione del Torneo in Armatura, in qualità di Mastro di Cocina, ho scelto di inserire nel banchetto dei signori la Crostata di Pollastri, ricetta ispirata al celebre ricettario di Mastro Martino.

Le ricette dell'epoca raramente riportano dosi precise o tempi di cottura, dato che Mastro Martino si rivolgeva ai suoi colleghi, per cui questi dettagli erano lasciati alla discrezione e all'esperienza del cuoco. Prima di presentare la crostata, ho eseguito un paio di prove, e quella che segue è la versione che più ha soddisfatto il mio palato.

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LA RICETTA : CROSTATA DI POLLASTRI

Ingredienti:
Petto di pollo 400gr
Prugne secche 125gr
Uova 3
Prezzemolo q.b.
Menta q.b.
Farina q.b.
Strutto q.b.
Zenzero q.b.
Cannella q.b.
Chiodi di garofano q.b.
Zafferano q.b.
Acqua q.b.

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Il procedimento è il seguente:

In prima fa buglire la carne uno pochi che sia quasi cotta poi taliala in pezi picoli et friggila con bono lardo” Facciamo bollire il petto di pollo, più o meno metà cottura, facciamo raffreddare e poi tagliamolo a pezzetti, facciamo friggere con del buono strutto in padella.

poy fa in la padella una crostata di pasta grosa quanto e quella de pastelli
Questo è uno dei punti in cui bisogna interpretare, io ho fatto un impasto con farina, acqua, strutto, sale non troppo spesso ma nemmeno troppo fino.

“con la carne drento sopragiozendoli brugne seche sive marene
Indica di mettere la carne con sopra le prugne secche oppure delle amarene.

“dapoy piglia lo agresto brodo grasso e octo ove ben battute tute queste cosse insema et togli de petrosemo mayorana menta pipero cannella zenzero garofoli posti et che sia ghialda de zafrano”
Qui inseriamo la parte speziata della torta, quindi aggiungo tritando prezzemolo, menta, pepe, cannella, zafferano, zenzero e chiodi di garofano. Ho volutamente tolto agresto e maggiorana perché dalle prima prove non venivano incontro al mio gusto.

“et prima pista bene le herbe poi mette tute queste cosse in una pignata e ponella al foco sopra la brace tanto chel cughiaro se comenza a imbratare mescolandola continuamente più micte questo talle brodo sopra la dicta crostata”
Tutto il ripieno, tranne la carne e le prugne, vanno in padella finché le uova iniziano a rapprendersi, qui Mastro Martino lo fa capire adducendo al fatto di mescolare finché il mestolo non si “imbratta” di uovo rappreso. A questo punto va tutto nella crostata insieme al resto del ripieno.

“et dapoy ponela al focho como disse una torta e quando ti pare che sia presa mandella alla tavola et fa che dicta crosta sia dolce o bruscha secondo il comune gusto et come piace al tuo patrone”
Infine c’è una cosa che non sono riuscito ancora a capire, Mastro Martino scrive di fare la crosta dolce o bruscha, cioè dolce o abbrustolita.

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Mi sento di dare un solo consiglio: leggete, rileggete, provate, riprovate finché non arrivate a una ricetta che sia gustosa, filologicamente corretta e soprattutto, che vada incontro al gusto del vostro patrone.

E ricordate come diciamo sempre noi in FAMALEONIS : “La cucina è l’unica cosa vera in una ricostruzione storica!”