La cucina, all'interno di un'associazione impegnata nella ricostruzione storica, è uno dei pilastri fondamentali per la buona riuscita di un evento. Non si limita a offrire ai visitatori uno spaccato della vita quotidiana dell'epoca, illustrando usi alimentari e tecniche culinarie, ma risponde a una reale esigenza in un contesto di living history.
In Famaleonis, quando il contesto storico e organizzativo lo consente, ci impegniamo a portare la nostra cucina agli eventi, considerandola forse il settore su cui abbiamo investito di più, sia dal punto di vista economico che della ricerca. Il nostro impegno si traduce nella riproposizione di sapori autentici, basandoci rigorosamente su ricettari dell'epoca.
Alcune delle ricette utilizzate durante le rievocazioni sono già state condivise su questo sito, e altre seguiranno, sempre con un attento riferimento alle fonti originarie. Tra queste, un testo di riferimento imprescindibile è il " De arte coquinaria" di Mastro Martino.
Cod. Triv. 2163, c. 8r - Figura con lunga tunica rossa nel margine, menzionato nel codice come "Mastro Ambroso"
potrebbe raffigurare Mastro Martino alla Corte milanese.
Ma chi era Mastro Martino?
Sebbene le fonti siano scarse e talvolta discordanti, ci proponiamo di offrire spunti di ricerca sulla sua vita e sull'importanza del suo celebre ricettario.
Martino de’ Rossi, conosciuto anche come “da Como” o de Rubeis, nacque intorno al 1430 nella Valle del Blenio, una valle secondaria che si estendeva da Bellinzona e conduceva, attraverso il passo del Lucomagno, verso i Cantoni tedeschi. All'epoca, questa regione faceva parte del Ducato di Milano ed era sotto l'egemonia della signoria viscontea, poi passata agli Sforza. Attualmente, la Valle del Blenio è compresa nel territorio del Canton Ticino.
La sua carriera culinaria ebbe inizio all’ospizio presso la chiesa di San Martino Viduale, in località di Monastero di Corzoneso.
L’ospizio era molto importante per i viandanti che intraprendevano il lungo viaggio tra il nord e il sud dell’ Europa, attraverso il passo del Lucomagno (la via Francisca del Lucomagno) o che giungevano dal passo del Nara (che porta in Valle Leventina e nelle terre Urane).
Prosegue la sua carriera nella prestigiosa cucina del duca Francesco Sforza a Milano, dove giunse intorno al 1457, diventando protagonista delle elaborate tavolate della corte meneghina.
L’ascesa professionale di Martino raggiunse l’apice quando, poco dopo, si trasferì a Roma. Qui divenne il cuoco personale del cardinale Lodovico Trevisan, Camerlengo e patriarca di Aquileia, e successivamente prestò servizio per due pontefici, Paolo II e Sisto IV. Durante questi anni, Martino consolidò la sua fama come uno dei più grandi maestri dell’arte culinaria.
Tra il 1450 e il 1467, Martino compose il suo capolavoro, il “De Arte Coquinaria”. Questo libro, scritto in volgare, deve gran parte della sua notorietà all’umanista Bartolomeo Sacchi, noto come Platina. Nel 1475, Platina pubblicò “De honesta voluptate et valetudine”, un trattato gastronomico in latino che includeva 240 ricette di Martino, celebrandolo come il “principe dei cuochi” e testimoniando la sua influenza sull’evoluzione della cucina rinascimentale: “Quem coquum, dii immortales, Martino meo Comensi conferes, a quo haec scribo magna ex parte sunt habita” (Libro VI).
Dopo il servizio presso la corte pontificia, Martino ritornò a Milano nel 1484 al servizio del condottiero Gian Giacomo Trivulzio. Qui concluse la sua carriera e dedicò a Trivulzio una delle copie di questo manoscritto che è oggi conservato presso la Biblioteca Civica di Riva del Garda.
Della preziosa opera di Maestro Martino sono giunti a noi solo quattro esemplari principali. Il codice Ms.LC 153, custodito presso la Library of Congress di Washington, è generalmente ritenuto il più antico, con una datazione risalente intorno al 1460. A questo si affianca il manoscritto urbinate Ms.Urb.Lat.1203, conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, e il F-MS-1, appartenente alla Biblioteca Civica di Riva del Garda, che ha ricevuto un'accurata opera di restauro ed è stato esposto al pubblico per la prima volta nell'aprile del 2024. Un ulteriore esemplare, il MS B.19, è conservato alla Pierpont Morgan Library di New York e presenta delle variazioni attribuite a un anonimo autore noto come il “Cuoco Napolitano”.
Tra questi, i manoscritti della Library of Congress e della Biblioteca Apostolica Vaticana sono considerati i più fedeli alla versione originale di Martino, sebbene non sia certa l’esistenza di un autografo originale scritto dal cuoco stesso. L'ipotesi prevalente è che Martino possa aver dettato il suo testo a uno scriba o collaborato con Platina nella sua redazione. La scrittura chiara e raffinata in stile italico presente nel manoscritto della Library of Congress indica la mano esperta di un copista professionista, suggerendo una trascrizione accurata e di alto livello.
Il contributo di Maestro Martino alla gastronomia fu rivoluzionario. Egli segnò il passaggio dalla cucina medievale, dominata dagli imperativi dietetici di stampo galenico basati sulla contrapposizione caldo-freddo e secco-umido per bilanciare l’organismo, a una cucina rinascimentale più libera e consapevole. Martino introdusse un approccio che consentiva al cuoco maggiore autonomia nella scelta e nella combinazione degli ingredienti, un uso più equilibrato delle spezie e l’impiego di metodi di cottura innovativi. Le sue ricette, organizzate in maniera sistematica e ragionata per tipologia di ingredienti e portate, costituirono un modello di modernità che anticipava la trattatistica culinaria dei secoli successivi.
Inoltre, Martino fu un pioniere nell’attenzione al colore e all’aspetto estetico dei piatti, considerandoli parte integrante della presentazione e precorrendo l’odierna cura per la bellezza visiva delle preparazioni. Le sue indicazioni sui tempi di cottura, spesso scanditi dalla recita di preghiere come il Pater Noster o il Miserere, riflettevano l’adattamento alle tecniche del suo tempo e aggiungono oggi un affascinante spaccato della pratica culinaria quattrocentesca.
Martino de’ Rossi rimane una figura centrale nella storia della cucina, il cui “De Arte Coquinaria” è ancora riconosciuto come un punto di riferimento fondamentale nella letteratura gastronomica, segnando l’avvento di una nuova epoca per la tradizione culinaria italiana e internazionale.
Bibliografia/Per saperne di più :
Benporat ,Claudio. Feste e banchetti. Convivialità italiana fra Tre e Quattrocento. Ed. Olschki 2001.
Benporat Claudio. Cucina italiana del Quattrocento. Ed. Olschki 2001.
Bober, Phyllis Pray. Art, Culture and Cuisine: Ancient and Medieval Gastronomy. University of Chicago Press, 1999.
Carnevale Schianca, Enrico. La cucina medievale. Lessico, storia, preparazioni. Ed. Olschki 2011.
Enrico Faccioli. La cucina dal Platina allo Scappi, in Trattati scientifici nel veneto tra il XV e il XVI secolo, Vicenza, Neri Pozza, 1985
Enrico Faccioli. L’arte della cucina in Italia. Torino, Einaudi, 1987;
Platina, Bartolomeo. De honesta voluptate et valitudine. Un trattato sui piaceri della tavola e la buona salute. Nuova edizione commentata con testo latino a fronte. A cura di Enrico Carnevale Schianca. Olschki 2015
Firpo, Luigi. Gastronomia del Rinascimento. Strenna UTET 1974.
Lubello, Sergio. Il De arte coquinaria di Maestro Martino: antecedenti e dintorni in “A tavola nella Roma dei Papi nel Rinascimento” a cura di Myriam Chiabò. Ed.Roma nel Rinascimento 2019.
Scully Terence Peter. The Neapolitan Recipe Collection: Cuoco Napoletano. University of Michigan Press 2015